Storie: Casa Vinicola Caldirola

Un’azienda sempre più frizzante

Grandi investimenti e nuovi impianti per immergersi con forza nel fantastico mondo delle bollicine. Senza però dimenticare i tradizionali vini fermi che hanno fatto la storia di Caldirola, azienda di Missaglia che riassume la propria identità in un claim incisivo: L’Italia dei vini.

Sempre più specialisti delle bollicine. Il 2018 ha rappresentato un passaggio importante per Caldirola, storica azienda vinicola che nel 2017 ha festeggiato 120 anni di attività. Un patrimonio di tradizione e un’eredità importanti, ma l’impresa nata nel 1897 a Contra, la frazione di Missaglia dove c’è ancora il quartier generale, non ha alcuna intenzione di fermarsi dov’è arrivata. Punta a proseguire nella scia del successo commerciale ed enologico che ha caratterizzato la storia del marchio in Italia e ora in tutto il mondo. Caldirola è orgogliosa del proprio passato, ma gli occhi sono puntati sul futuro. Dallo scorso anno alla guida c’è Olga Tosanotti, laurea in economia e commercio alla Bocconi di Milano e giovanissima – ha solo 27 anni – vice presidente. Del resto l’innovazione è nel Dna dell’impresa, che già negli anni ’70 si fece interprete di un’idea assolutamente originale per l’epoca: portare il vino nelle case attraverso la GDO. L’esperienza a Olga comunque non manca. La sua famiglia opera da tre generazioni nel mondo vinicolo.Possiamo dire che è cresciuta a pane e vino?

Possiamo certamente dire che il vino è da sempre la passione e il lavoro della mia famiglia, sia da parte di madre che di padre. Già i loro genitori – quindi i miei nonni – operavano in questo settore.

 

Una donna alla guida di un’azienda vinicola non costituisce più una novità. Forse è la scelta giusta per interpretare al meglio i cambiamenti che stanno investendo il settore…

 

Sicuramente quello del vino è un mondo in profonda trasformazione e già questo per me rappresenta una sfida affascinante. Si beve meno, ma si beve sempre meglio. Quindi è importante che alla base del prodotto ci sia una materia di qualità e che la lavorazione sia condotta prestando attenzione alla ricerca e all’innovazione. In un mercato sempre più esigente diventa fondamentale anche la presentazione della bottiglia, poi naturalmente c’è il marketing, un aspetto che nessuno può più permettersi di trascurare.

 

Qual è la novità più rilevante da quando ha assunto la vice presidenza?

La sfida più importante che ci siamo posti è quella di entrare con sempre maggiore forza nel segmento dei vini frizzanti. Bollicine è diventata la nostra parola d’ordine. Del resto la crescita nel nostro settore oggi si fa soprattutto con gli spumanti, un fenomeno trainato dal Prosecco, ma in realtà molto più vasto e ricco, perché composto anche da brut, dry, extra dry.Bollicine che piacciono agli italiani, ma che spopolano anche all’estero, giusto?

Esatto! Le bollicine oggi sono il comparto che dà maggiori soddisfazioni sia sul mercato interno sia all’estero. Anzi noi puntiamo soprattutto in questa direzione, perché il mercato italiano è piuttosto maturo, mentre fuori dai confini nazionali ci sono spazi di crescita davvero enormi.

 

In realtà vi siete affacciati al mondo dei vini frizzanti già da qualche tempo…

Sì, già qualche anno fa abbiamo presentato al mercato alcune nuove referenze a marchio La Cacciatora, come Verduzzo, Pinot Rosé e Chardonnay. Sono stati gli apripista che hanno inaugurato la linea dei frizzanti e anticipato le innovazioni tecnologiche compiute in azienda. Abbiamo sostenuto grandi investimenti e avviato nuovi impianti. Nel 2017 per festeggiare i nostri 120 anni abbiamo lanciato il nostro primo Metodo Classico: il Nuà Black Label, ottenuto da uve Pinot nero e Chardonnay dell’Oltrepò Pavese.

 

La novità di quest’anno?

Proprio per il Natale 2018 abbiamo lanciato uno spumante extra dry, un prodotto che non avevamo mai fatto prima.Possiamo dire che i frizzanti sono i testimonial più accreditati di un corso aziendale che punta su nuovi prodotti e nuovi mercati per dare una svolta importante?

Sicuramente siamo molto attenti alle tendenze più attuali di consumo. Va da sé quindi che presidiare una fascia di mercato come quello dei frizzanti – in crescita in Italia e all’estero – è un imperativo. Ma i winelovers contemporanei non subiscono solo il fascino delle bollicine, è proprio cambiato l’intero rapporto con il vino. Si beve sempre meno a casa e sempre più fuori e anche questo ci ha costretto a ripensare profondamente la strategia aziendale, considerato che per decenni i vini Caldirola sono stati legati invece al vino in tavola, consuetudine ormai in disuso.

 

Chi sono e dove sono oggi i vostri interlocutori?

Guardiamo anche ai giovani, perché sono comunque interessati a esplorare il mondo del vino, e guardiamo con enorme interesse alle esportazioni. Questo è l’altro trend. A novembre siamo stati alle fiere di Shangai e di Hong Kong, il mercato asiatico è in grande fermento e manifesta tanto interesse per i vini italiani.

 

Avete prodotti studiati appositamente per questi mercati? 

È inevitabile, perché il loro modo di consumare vino è differente dal nostro. In Cina, per esempio, si beve quasi solo vino rosso di qualità e di gradazione alta, con una presentazione importante. Prediligono bottiglie pesanti con un’etichetta pomposa, meglio se confezionata in un astuccio in legno che aggiunge prestigio. Siamo impegnati a rispondere a queste esigenze con un mix di prodotti su misura. E noi possiamo farlo, perché la nostra leva risiede nel servizio. Abbiamo una linea di referenze che copre tutte le regioni italiane, formati che vanno da 0,25 litri fino alle dame da 5, adoperiamo vetri diversi, compresi quelli pesanti e serigrafati che piacciono all’estero. Insomma, siamo in grado di offrire sempre quello che il cliente desidera.Oggi in quanti Paesi esportate?

In 65 Paesi. In Europa i mercati più importanti sono Germania, Inghilterra e Spagna. La Cina e gli Stati Uniti da soli fanno numeri impressionanti. Poi esportiamo anche in Sudamerica, in Brasile in particolare, in molti altre nazioni dell’Asia, dal Vietnam alla Corea del Sud, e in Africa.

 

E i vini della tradizione?

I nostri prodotti di punta restano un punto fermo. Non intendiamo affatto rinunciare alla nostra storia. Stiamo portando l’azienda in una nuova epoca per cogliere ogni opportunità di business nel canale moderno, ma garantendo continuità e rispettando le nostre tradizioni.

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